L’emergenza Covid e i conseguenti periodi di isolamento hanno mostrato che la socialità rappresenta un bisogno umano primario, soprattutto per bambini e adolescenti.
Nella fase di uscita dall’emergenza pandemica diventa ancora più importante il ruolo dei centri di aggregazione giovanile che rappresentano un presidio insostituibile nelle politiche di contrasto della povertà educativa e nel favorire la crescita delle comunità educanti sul territorio.
Occupandosi del tempo libero di bambini e ragazzi, lo spettro di azione dei centri aggregativi abbraccia per sua natura tutti gli ambiti del contrasto alla povertà educativa: istruzione, servizi sociali, attività culturali, sportive e ricreative. Investire sui centri di aggregazione significa quindi dare concretezza a politiche che altrimenti rischiano di restare sulla carta: lotta alla povertà, all’abbandono scolastico, promozione delle opportunità per tutti, interventi sul disagio giovanile. Tali azioni sono efficaci nella misura in cui riescono a creare radicamento territoriale.
I centri di aggregazione si caratterizzano per una frequentazione molto variabile, che solitamente oscilla tra gli 11 e i 20 anni, ma che può riguardare anche ragazzi più piccoli o più grandi, a seconda dei casi. Rispetto a una media di circa 11 utenti dei centri di aggregazione ogni 1.000 residenti in Italia con meno di 18 anni, il rapporto varia molto tra le diverse aree del Paese.
Il video presenta una sintesi dei principali dati del report dell’Osservatorio #conibambini, promosso da Con i Bambini insieme a Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il report completo è disponibile qui.