Arrivato dal Mali nel 2020, Bira Diarra, 42 anni, ha affrontato in questi anni tante difficoltà, dai documenti alla ricerca di un lavoro e una casa. “Il lavoro e la casa sono importanti entrambi per me – dice Bira -. Se non hai il certificato di residenza non puoi fare gli altri documenti; se tu hai il lavoro come me, per grazia di Dio puoi avere qualcosa, per te stesso, per pagare la casa, la luce e anche per mandare qualcosa da mangiare alla famiglia nel tuo Paese perché lì le difficoltà sono tante… è questo quello che è più difficile per me”.
Ha lasciato la moglie con tre figli e l’anziana madre in Mali con la speranza di poterli rivedere. Intanto è a loro che pensa quotidianamente, a loro invia ciò che guadagna per non fargli mancare nulla per quanto nelle sue possibilità.
Da alcuni anni, il percorso di Bira si è intrecciato con quello di Paolo Scollo co-titolare di “Tirollallà”, un’azienda agricola che coltiva piccoli frutti – more, mirtilli e lamponi – ed è innovativa in un territorio che produce, nella cosiddetta fascia trasformata del Ragusano, quasi esclusivamente ortaggi a ciclo continuo. Tanto ha fatto l’azienda per Bira e viceversa così, con il passare del tempo, è diventato un punto di riferimento, una risorsa preziosa. “Siamo convinti che in Sicilia si possa fare impresa seriamente, inclusivamente e nel rispetto delle persone e dell’ambiente” afferma Scollo; “Ci prendiamo cura delle piante ma allo stesso modo ci prendiamo cura di chi lavora con noi, non importa da dove venga, è importante che si trovi bene e sia soddisfatto di quello che fa, Bira è parte della nostra azienda che per noi è una famiglia”.
Ma per un migrante il problema non è “solo” il lavoro; un luogo dove vivere dignitoso, una residenza effettiva, l’assistenza sanitaria. Non privilegi, ma diritti, che tuttavia devono essere ottenuti in una terra dove spesso dilaga l’illegalità e il caporalato fa leva sullo stato di necessità di chi lavora la terra.
Bira ha trovato un ambiente di lavoro sano e un supporto operativo disinteressato e, nel tempo, all’azienda e al lavoratore si sono aggiunti in affiancamento gli operatori di TFT – Trasformare la fascia trasformata. Il progetto, cofinanziato da Fondazione CON IL SUD, punta a dare assistenza e strumenti per un pieno inserimento sociale di Bira e di tanti che vivono la sua stessa situazione.
Questa è la trasformazione che insieme si cerca di attuare attraverso il supportare senza sostituire, per favorire un cambiamento trasversale e reale dal punto di vista sociale, lavorativo e ambientale, dove l’interazione sia la componente base dell’integrazione.
Servizio a cura di Claudia Cannatà
Grazie alla collaborazione di Giada Drocker, Referente comunicazione progetto TFT – Trasformare la fascia trasformata